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{"uniqueId":"grid_articledcl","mobileExpanded":true,"html":"<p><i>Milano, 18/09/2020</i><br>\r\n<br>\r\n“Un bambino normodotato è come un recipiente dalla bocca larga, una botte in cui si possono versare grandi quantità di informazioni in poco tempo. Un bimbo autistico, invece, è come una damigiana, che magari ha la stessa capienza della botte ma un collo molto più stretto: per riempirla si deve procedere lentamente e prendendo la mira. Occorre più tempo e un approccio mirato”. Don Marco Bove, presidente della Fondazione Sacra Famiglia di Cesano Boscone (Milano), espone così la filosofia che ispira l’assistenza ai bambini affetti da disturbo dello spettro autistico. E che è alla base di una nuova iniziativa, unica in Europa, realizzata con il contributo, tra gli altri, di Fondazione Vodafone: Blu Home, quattro appartamenti a Varese progettati per migliorare la qualità della vita di bimbi e ragazzi autistici e delle loro famiglie.</p>\r\n<p><b>Don Marco, di cosa tratta?</b></p>\r\n<p>“Noi seguiamo, nei nostri diversi centri, circa 800 bambini. Grazie al professor Lucio Moderato, il nostro direttore dei servizi innovativi per l’autismo, abbiamo elaborato un approccio integrato e appropriato che coinvolge tutta la famiglia: i genitori devono imparare a interagire con il loro bimbo in modo corretto. E allora abbiano pensato di realizzare questi appartamenti autismo-friendly, con installazioni domotiche, perché le famiglie possano trascorrervi 10 giorni in sicurezza seguite a distanza da un pool di esperti”.</p>\r\n<p><b>Quali sono le dotazioni tecnologiche delle Blu Home?</b></p>\r\n<p>“Dispositivi di sicurezza che permettano agli operatori di intervenire a distanza sugli elettrodomestici, per esempio bloccando la porta del frigo. E un sistema di telecamere e microfoni collegati a una centrale di controllo dove ci sono i nostri esperti che osservano e danno suggerimenti in tempo reale ai genitori di fronte a una situazione di crisi”.</p>\r\n<p><b>C’è una procedura standard?</b></p>\r\n<p>“Sì. Nei primi tre giorni della permanenza nella Blu Home gli esperti monitorano la famiglia e ne osservano le dinamiche. Nei 5 o 6 giorni successi si interviene con i genitori correggendo, quando occorre, il loro atteggiamento nei confronti del bambino. L’ultimo giorno si usa per fare una sintesi di quanto si è capito ma non rappresenta la fine del percorso: la famiglia verrà seguita anche una volta tornata a casa”.</p>\r\n<p><b>Da quando sarà attivo questo servizio?</b></p>\r\n<p>“L’inaugurazione c’è appena stata, il 17 settembre. Eravamo pronti già in primavera, ma l’emergenza Covid ci ha costretti a posticipare. Ora stiamo per ospitare una famiglia che si è offerta volontaria per permetterci di verificare che tutto funzioni come auspicato, una sorta di sperimentazione insomma. Poi cominceremo sul serio”.</p>\r\n<p><b>Perché proprio a Varese?</b></p>\r\n<p>“La Fondazione Sacra Famiglia gestisce da tempo in città una serie di ambulatori e laboratori dedicati all’autismo. A un certo punto si è presentata l’opportunità di utilizzare gli appartamenti presenti ai piani superiori e abbiamo deciso di realizzare Blu Home. Per farlo però era necessario trovare dei partner che ci aiutassero a sostenere i costi economici dell’operazione. Importante è stato il contributo di Fondazione Vodafone, grazie al quale abbiamo realizzato i dispositivi domotici degli appartamenti”.</p>\r\n<p><b>Potranno chiedere di sperimentare le Blue Home tutte le famiglie italiane con bambini autistici?</b></p>\r\n<p>“Assolutamente sì, è un progetto aperto a tutti”.</p>\r\n<p><b>La Fondazione Sacra Famiglia è nata nel 1896 alle porte di Milano per aiutare gli “incurabili” delle campagne. Come siete arrivati a occuparvi di autismo?</b></p>\r\n<p>“Il nostro fondatore, Domenico Pogliani, diede vita all’Ospizio Sacra Famiglia in cui accoglieva persone adulte abbandonate, molte delle quali con limiti cognitivi, poi gli amputati che non potevano più lavorare e che all’epoca non avevano alcuna rete di protezione, quindi gli anziani. Ma da allora il concetto di fragilità si è evoluto ed è cambiato quindi anche il nostro modo di farcene carico. Oggi abbiamo 23 sedi e 1700 posti letto, tra Lombardia, Liguria e Piemonte. Ma non ci limitiamo alla cura. Abbiamo un approccio abilitativo: ai bambini con autismo o ai ragazzi con Asperger insegniamo a fare le cose, dalle più semplici, come vestirsi da soli o allacciarsi le scarpe, a quelle che possono essere utili per integrarsi nel mondo del lavoro”.</p>\r\n","react_component_name":"articleDclComponent",":type":"webaem/components/content/commonComponents/articleDCL"}